28 ottobre 2008 - Il Sardegna, articolo di Elena Laudante.
Dopo la rabbia e il dolore per il fango assassino di Capoterra, ora è il momento di cercare eventuali responsabilità. Compito arduo di un'indagine avviata a tempi record, che però deve fare i conti con la stratificazione annosa di interventi edilizi iniziati negli anni '60- '70. E forse sfregi urbanisticoambientali da stanare. AUTOPSIA. Si parte dagli esami autoptici: il medico legale Francesco Paribello è stato incaricato dai pm Daniele Caria e Guido Pani dell'autopsie su quattro delle cinque vittime. Ieri l'esito delle analisi sui corpi di Licia Zucca e Anna Rita Lepori, trascinate dall'ondata di piena mentre tentavano di mettersi in salvo a bordo della loro auto. La causa della morte per annegamento è scontata, ma Paribello approfondirà gli esami con l'anatomopatologo Giovanni Frau. Oggi gli esami autoptici sui corpi di Antonello Porcu e Speranza Sollai, l'ingegnere il cui corpo è stato ritrovato domenica sera e l'ottantacinquenne sbalzata in cantina dal fango mentre era a letto. Nessun esame legale per Mariano Spina, annegato nelle campagne di Sestu: morte naturale. LE CARTE. Il prossimo passo sarà l'acquisizione dei documenti su lottizzazioni, lavori di risanamento dopo l'alluvione del '99, manutenzione degli ultimi anni. Per le piogge di nove anni fa la Regione stanziò 12 milioni perché Capoterra non finisse di nuovo sepolta dalla melma. Dove sono finiti? «Tutti spesi per la manutenzione e per risarcire i cittadini danneggiati», assicura l'assessore ai Lavori pubblici Efisio Demuru (Pd). E l'ultima lottizzazione nata sugli argini del Rio Santa Lucia, in pieno centro, come il quartiere spazzato via sul Rio San Girolamo? «Dal 2001 abbiamo bloccato 13 lottizzazioni, anche a quella l'amministrazione era contraria, ma il costruttore aveva la legge dalla sua parte». La messa in sicurezza di ponti, strade e argini era stata affidata al Consorzio Meridionale della Sardegna, «proprio per garantirne l'esito», spiega l'esponente della Giunta guidata da Giorgio Marongiu, che ha ereditato quasi mezzo secolo di costruzioni su 270 ettari a rischio idrogeologico, come ha ribadito Guido Bertolaso.
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